Come, dove e perché l’Italia esporta 5,2 miliardi in armamenti

Italia armi

Il 13 Maggio la Camera dei Deputati ha finalmente reso pubblico il report “sulle operazioni autorizzate e svolte per il controllo dell’esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento” relativo all’anno 2018.

Il documento porta la firma del Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Giancarlo Giorgetti, e arriva con il consueto mese di ritardo rispetto alla deadline prestabilita. Un tomo diviso in due volumi (parte 1 — parte 2) per un totale di quasi 1500 pagine di dati, numeri, tabelle e resoconti riguardo ai 5,2 miliardi di euro esportati dall’Italia sotto forma di armamenti convenzionali a livello mondiale nel corso del 2018. I dati contenuti nel report sono ambigui e, spesso, preoccupanti.

Inizialmente, è doveroso segnalare come il totale delle esportazioni si trovi oggi in un trend negativo passando da un picco di quasi 15mld nel 2016 a 10mld nel 2017 e, ora, ad “appena” 5,2 miliardi di euro nel 2018. Un calo del 53% rispetto all’anno precedente.

Fonte: Rapporto sulle operazioni autorizzate e svolte per il controllo dell’esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento 2018

In realtà, però, l’esperto di politiche di sicurezza e difesa Giorgio Beretta fa notare come questo sia un “calo fisiologico” dovuto “ai consistenti ordinativi di armamenti assunti negli anni scorsi”. In pratica, il triennio 2015–2017 è stato caratterizzato da una serie di ingenti “mega-commesse” per più di 32 miliardi di euro in sistemi militari complessi — da parte soprattutto di Qatar e Kuwait — che le aziende italiane stanno ancora smaltendo. Nel 2018, invece, l’Italia ha visto ampliarsi la platea di acquirenti fatturando un maggior numero di ordini di importo minore. Un pattern che, secondo la Rete Italiana per il Disarmo, è “paradossalmente ancora più preoccupante”.

Il Governo Conte non ha quindi alcun merito nella riduzione — fisiologica, come abbiamo detto — del totale delle esportazioni di armamenti e non ha di certo intrapreso alcuna iniziativa per cercare di ridurre o controllare la cifra. Anzi. A Gennaio 2019 il Ministero della Difesa ha promosso la campagna navale della Fregata Europea Multi Missione “Carlo Margottini”che, salpando dal porto di La Spezia, ha intrapreso un tour in Medio Oriente e nel Mar Arabico proprio per promuovere l’industria bellica nostrana e cercare nuovi contratti nella zona del Golfo Persico.

Un altro dato particolarmente significativo che emerge dalla relazione riguarda i destinatari degli armamenti. Il 72% delle autorizzazioni alla vendita è rivolto a paesi non appartenenti all’Unione Europea o alla NATO, con il 48% delle esportazioni indirizzate a Nord Africa e Medio Oriente.

In cima alla classifica degli importatori troviamo paesi fortemente instabili dal punto di vista politico e colpevoli di numerose e dichiarate violazioni dei diritti umani: il Qatar al primo posto, seguito da Turchia, Pakistan ed Emirati Arabi Uniti. Al decimo posto si colloca l’Egitto di Al Sisi.

Fonte: Rapporto sulle operazioni autorizzate e svolte per il controllo dell’esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento 2018

Come affermato dall’Osservatorio Diritti, i casi più problematici sono Arabia Saudita ed Egitto.

Nel 2018 infatti il governo italiano ha concesso autorizzazioni per più di 13 milioni di euro all’Arabia Saudita, da anni impegnata in una guerra con lo Yemen dall’impatto umanitario ormai fuori controllo. Proprio per questo, già dal 2017 il Parlamento Europeo ha approvato diverse risoluzioni volte a chiedere agli Stati membri di porre un embargo sulle forniture militari agli Emirati Arabi Uniti e all’Arabia Saudita. L’Italia, a differenza di altri paesi, non ha attuato alcuna sospensione effettiva, limitandosi a qualche frase di circostanza sull’argomento: in una conferenza del dicembre 2019 il Primo Ministro Giuseppe Conte ha dichiarato: “Il governo italiano è contrario alla vendita di armi all’Arabia Saudita per il ruolo che sta svolgendo nella guerra in Yemen. Stiamo valutando quali conseguenze trarre” (qui il video, al minuto 1h 39). Poi, l’ennesimo nulla di fatto.

Le problematiche, inoltre, esulano dalla prospettiva umanitaria per addentrarsi nel legale. La legge 185/90 infatti vieta l’esportazione e il transito di materiali di armento “verso i paesi in stato di conflitto armato” e “verso i paesi i cui governi sono responsabili di gravi violazioni delle convenzioni internazionali in materia di diritti umani”. Per evadere queste norme e continuare a commerciare con Ryad il governo italiano ha sempre sfruttato l’incertezza e la situazione di confusione generale che aleggia sul conflitto in Yemen, come per esempio il fatto che il bersaglio dei sauditi non sia uno Stato ma un gruppo di ribelli (gli Huthi).

Le relazioni internazionali e diplomatiche con l’Arabia Saudita sono poi diventate sempre più tese in seguito all’omicidio del giornalista Jamal Khashoggi, ucciso nel consolato saudita a Istanbul nel dicembre 2018. Come forma di protesta molti paesi europei e non hanno deciso di bloccare le esportazioni di armi, mentre l’Italia ha proseguito con i suoi affari ignorando ancora una volta gli inviti dell’Unione Europea.

Per quanto riguarda l’Egitto, l’Italia ha esportato verso il Cairo più di 69 milioni di euro in armi, rendendolo così il terzo acquirente di armamenti italiani tra gli Stati non appartenenti all’UE o alla NATO. La rabbia e l’indignazione verso l’omicidio di Giulio Regeni — che ha scosso il paese nel gennaio 2016 — sembrano ormai un ricordo lontano.

Tutto questo diventa ancora più paradossale se consideriamo che proprio il Movimento 5 Stelle, partito di maggioranza e parte della coalizione attualmente al governo, agli esordi aveva fatto campagna proprio schierandosi contro le esportazioni di armi in paesi instabili o in situazioni di conflitto. Nel 2015 il deputato M5S Manlio di Stefano chiedeva all’allora governo Renzi: “Avete il coraggio di fermare questa vendita [di armi] per il bene di questi cittadini e il bene di quei paesi?”

Oggi, Di Stefano è sottosegretario del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale. Il 1 Marzo 2019, incalzato dalle domande di varie associazioni ecclesiastiche e umanitarie, ha completamente cambiato opinione affermando: “Il problema dello Yemen non si risolverà bloccando le esportazioni di armi verso l’Arabia Saudita”. Ottimo.

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